Allevamenti stritolati dai costi di produzione: quadruplicata la spesa per le bollette dell'energia elettrica e raddoppiata quella per i mangimi

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Allevamenti stritolati dal raddoppio dei costi per l’energia e per i mangimi, mentre le scorte di mais, foraggio ed erba medica, ridotte a causa delle siccità dell’estate scorsa, rischiano di terminare entro la primavera, lasciando mucche e altri animali a bocca asciutta.
Ma non basta, perché la quotazione del “latte spot” (quotato settimanalmente in Europa e in Italia a Milano e Verona) è sceso dai 70 centesimi al litro di dicembre agli attuali 56: “Siamo in un momento particolarmente critico – afferma Enrico Cassandro, allevatore della Riviera del Brenta, presidente della sezione di Confagricoltura Venezia - perché l’aumento vertiginoso dei costi di produzione, se il prezzo del latte scende, ci porterà a situazioni peggiori di quelle precedenti l’emergenza covid, quando il prezzo era sui 40 centesimi al litro, ma i costi per gli allevatori erano meno della metà rispetto agli attuali. Il rischio reale è la chiusura di molte stalle”.

QUADRUPLICATO COSTO ENERGIA IN UN ANNO: IN UN ALLEVAMENTO DI CENTO MUCCHE, AUMENTO DAI 2MILA AI 10MILA EURO
“Un allevamento di cento mucche da latte che, un anno fa, spendeva mediamente 2000/2500 euro al mese di corrente, adesso spende circa 8000/10000 euro – continua Cassandro – ma dobbiamo aggiungere anche il costo dei mangimi. La farina di mais, ad esempio, ha subìto un aumento del 100%: si è passati dai 20 euro al quintale ai 40 (e oltre) negli ultimi mesi! Ciò significa che in un allevamento di 100 mucche, la spesa mensile per questo cereale è passata dai 3600 ai 7200 euro attuali. Teniamo conto inoltre che, se non c’è stata una adeguata produzione interna nei propri terreni coltivati a mais, l’azienda in questione dovrà aumentare ancora il consumo di questo cereali facendo lievitare i costi ben oltre il raddoppio”.

MANGIMI, RADDOPPIATI I COSTI PER LA FARINA DI MAIS E AUTOPRODUZIONE ANCHE DI FORAGGIO ED ERBA MEDICA DIMINUITA DELL’80%
I rincari delle materie prime per l’alimentazione del bestiame incidono ancor di più rispetto a un anno fa, perché l’autoproduzione interna di cerali e foraggio ed erba medica è stata seriamente compromessa a causa della siccità della scorsa estate. “Abbiamo assistito ad una produzione ridotta anche dell’80 % - prosegue Cassandro – ed entro primavera la scorte potrebbero finire, con il rischio di lasciare gli animali a bocca asciutta”.

DALLA PANDEMIA ALL’INFLAZIONE E ALLA SICCITA’, LE IMPRESE AGRICOLE DI FRONTE ALL’INCERTEZZA ASSOLUTA
Anche Marco Aurelio Pasti, presidente di Confagricoltura Venezia, interviene: “La filiera del latte è in grave crisi: in un quadro di mercato già mutato negli ultimi anni per la fine delle quote latte, si sono inserite tutte le problematiche legate all’emergenza Covid e poi all’inflazione e alle conseguenze economiche della guerra, nonché al lungo periodo di siccità. Si tratta di dinamiche difficilmente sostenibili dalle imprese, vista l’assoluta incertezza di prospettive. Già alcune stalle hanno chiuso nel 2020, molti allevatori ormai continuano l’attività tra mille difficoltà, sostenuti soltanto dalla loro grande passione, ma occorrono interventi di tutela per le imprese e anche sul mercato. Inoltre, siccità e caldo della scorsa estate hanno ridotto le rese e qualità sia dell'insilato di mais sia della granella. In Italia il divieto di semina del mais resistente alla piralide è scientificamente insensato e ha ulteriormente ridotto le rese e aumentato il rischio di contaminazione da micotossine.”

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