Fitofarmaci: cala il numero di trattamenti nei vigneti del Veneto

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Cala l’uso degli antiparassitari nei vigneti in Veneto, legato non solo a fattori climatici ma anche a una crescente attenzione dell’uso dei viticoltori nell’impiego dei prodotti. I trattamenti vengono fatti soprattutto per la lotta alla peronospora e l’oidio. Si fanno più trattamenti in pianura che in collina e sono soprattutto i terzisti a effettuarli.
È quanto emerge dalla ricerca “Averla” presentata al Vinitaly, promossa da Confagricoltura Veneto con il Cirve, centro ricerca ed enologia dell’università di Padova, prima mappatura sui sistemi di difesa utilizzati dai viticoltori in Veneto. Una fotografia dell’esistente che mira a capire e interpretare la condotta dei vignaioli, analizzando le differenze dei comportamenti tra pianura e collina e la loro ricaduta economica, con l’obiettivo finale di suggerire buone pratiche per arrivare a un impiego più oculato e mirato dei prodotti antiparassitari.
Vasco Boatto, responsabile dell’Osservatorio economico del distretto del Prosecco, ha spiegato che la ricerca, che si ispira a un uccello insettivoro che un tempo abbondava nelle vigne, ha preso in esame 22.000 ettari di vigneti delle aziende di Confagricoltura di tutto il Veneto, con un campione che ha riguardato soprattutto le province di Treviso e Verona (l’87%), utilizzando le informazioni raccolte dai registri di campagna dal 2015 al 2017. Da qui sono stati elaborati i dati sui trattamenti ed è stata eseguita una stima sui costi.
Da tempo si parla di abusi di trattamenti nelle vigne, ma senza avere in mano dati scientifici.
Da Confagricoltura Veneto è partita l’idea di una mappatura che quantificasse con certezza il numero dei trattamenti, la loro distribuzione geografica e l’evoluzione degli stessi nel corso degli anni. Ne è uscita una fotografia interessante, da cui emerge un’ampia variabilità che lascia spazio ad ampi margini di miglioramento. Accanto ad aziende che fanno ampio uso di prodotti fitosanitari pur di ottenere della bella uva, ce ne sono molte altre che hanno un atteggiamento più consapevole e accorto. Noi riteniamo che vada incentivato il ruolo dei servizi di consulenza e del fitoiatra, due figure che possono affiancare il viticoltore nel gestire prodotti che saranno sempre più sofisticati.
I dati della ricerca dicono che i viticoltori hanno speso per la difesa fitosanitaria 973 euro all’ettaro nel 2017, meno dei 1.027 del 2016 e leggermente di più degli 865 del 2015. I prodotti fitosanitari sono stati usati soprattutto per la lotta alla peronospora e allo oidio e più in pianura rispetto alla collina. Per quanto riguarda gli utilizzatori di prodotti, sono soprattutto i terzisti a farne uso, con una spesa media che nel 2017 è stata di 976 euro all’ettaro contro i 908 delle aziende agricole. Dal 2017 al 2016 si è passati da 18 trattamenti medi per azienda a 17.
Il prossimo step sarà una mappatura zona per zona sui livelli di rischio e le prime valutazioni sull’applicazione del piano di azione nazionale (Pan) sull’uso sostenibile degli agrofarmaci. Vogliamo anche individuare i modelli tecnico-economici più efficienti di difesa, quindi non solo sostenibili, ma anche più vantaggiosi.
Vogliamo alimentare questo osservatorio anno dopo anno in modo da monitorare la situazione e accompagnare i viticoltori verso un’agricoltura sostenibile, anche con la formazione sulle nuove figure che oggi possono affiancarlo nell’utilizzo ponderato dei prodotti in campagna.

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