Giulio Manzotti nuovo presidente regionale di Anga

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È il trevigiano Giulio Manzotti, titolare di un’azienda di seminativi a San Donà di Piave, in provincia di Venezia, il nuovo presidente di Anga Veneto, l’associazione dei giovani di Confagricoltura. L’assemblea ha eletto anche i due nuovi vicepresidenti, che sono il veronese Piergiovanni Ferrarese, 25 anni, che lavora nella direzione commerciale di Veronafiere e la vicentina Serena Sartori, 26 anni, che lavora nell’azienda agricola familiare di Quinto Vicentino che produce frutta biologica e svolge attività di agriturismo.
Giulio Manzotti da gennaio è diventato presidente di Anga Venezia e ora guiderà, per il prossimo triennio, anche l’associazione regionale, prendendo il testimone dalla presidente uscente Chiara Sattin. «Il nostro è un organismo con grandi potenzialità, che vorrei aiutare a crescere con contenuti sia dal punto di vista tecnico che agrario da offrire ai giovani agricoltori – dice -. L’agricoltura moderna dev’essere sempre più sostenibile e toccherà alle nuove generazioni apportare nuove tecniche per trovare la quadra tra la sostenibilità e la redditività nelle aziende. Insieme al team dei presidenti provinciali intendo promuovere incontri e approfondimenti in questo senso, con un occhio anche ai nuovi media e ai social network, sempre più importanti per la comunicazione e la vendita dei prodotti agricoli. Cercheremo di implementare anche la piattaforma di e-commerce di Anga per accorciare le distanze tra produttore e consumatore. Infine, organizzeremo iniziative informative per far conoscere ai consumatori la realtà delle nostre aziende, per contrastare le fake news che costruiscono ad hoc notizie fasulle per pilotare consumi e orientamenti».
Nel corso dell’assemblea il neo vicepresidente Piergiovanni Ferrarese ha rimarcato la necessità di lavorare di più su visite e formazione, «affrontando problemi e tematiche che interessino la realtà economica attuale delle aziende».

Giulio Manzotti vive a Treviso, ha 31 anni e una laurea in giurisprudenza conseguita a Bologna con una tesi sulla normativa agroambientale nella Politica agricola comunitaria, che ha riposto nel cassetto per dedicarsi ai campi di proprietà familiare, dove si coltivano soia, mais, colza e frumento.
Fu il bisnonno ad avviare l’azienda nelle campagne di San Donà di Piave, in provincia di Venezia, portata avanti poi dal nonno e successivamente dalla zia. Suo padre e sua madre hanno preso altre strade: lui è medico chirurgo, lei insegnante. Ora, dopo un salto generazionale, è lui a riprendere le redini dell’azienda agricola. «Dopo la laurea, mi sono reso conto che inserirsi nel mondo del lavoro oggi è molto difficile – dice -. È stato così che, quattro anni fa, ho valutato di prendere in mano le campagne familiari e di farne il mio lavoro. È una scelta di cui sono molto contento. L’agricoltore è un uomo libero, vincolato solo ai ritmi della natura e del meteo, che purtroppo negli ultimi anni non è stato molto favorevole. Va però chiarito che il ritorno dei giovani alla terra non è quel bel quadro romantico che si dipinge spesso sulla stampa. Per i giovani è difficile entrare nel mondo dell’agricoltura se non si hanno terreni di famiglia. Anche gli affitti non sono così convenienti e lasciano pochi margini di reddito. Di poco aiuto anche il recente provvedimento sulla ridistribuzione dei terreni abbandonati, in quanto nel nostro territorio regionale sono pochi e marginali».
Secondo Manzotti gli slogan superano spesso la concretezza: «Si tratta l’agricoltura come qualcosa di radical-chic, ma la realtà è che si tratta di un settore primario, con il compito di sfamare la popolazione. Perciò ci vorrebbe più rispetto per i sacrifici degli agricoltori, che sono invece gravati da oneri burocratici che non hanno eguali in nessun Paese europeo. Anche il costo del gasolio agricolo è sempre più alle stelle e contingentato. Le infrastrutture viarie non sono come quelle di altri Paesi, dove è molto sviluppato il sistema ferroviario, perché da noi tutto si sposta su gomma e ciò provoca il rialzo dei prezzi. I giovani che decidono di mettersi in gioco partono, dunque, svantaggiati, con costi notevoli da sostenere, e avrebbero bisogno di misure in grado di dare un aiuto davvero concreto e importante».

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