Mais, nel veneziano dimezzata l'area coltivata e persa un terzo della produzione negli ultimi 10 anni

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Mais, nel veneziano dimezzata l'area coltivata e persa un terzo della produzione negli ultimi 10 anni
Marco Aurelio Pasti, presidente nazionale maiscoltori e titolare di una grande azienda ad Eraclea: “Rischiamo di perdere la produzione di derrate alimentari e di dipendere totalmente dall'estero”

Solo vent'anni fa nella provincia di Venezia prevaleva la monocoltura del mais, eredità di una secolare tradizione contadina. Oggi il mais è quasi sparito dalle nostre terre. Venezia dal 2006 al 2016 è passata dal secondo al terzo posto in Veneto ma è un perfetto simbolo della enorme crisi che sta investendo il mercato. “Stiamo perdendo la produzione diretta di derrate alimentari, si tratta di una scelta politica strategica fatta dal nostro governo: non vale forse la pena di aprire un confronto pubblico su un tema così delicato?”, rilancia Marco Aurelio Pasti, presidente nazionale maiscoltori e titolare di una grande azienda ad Eraclea. “Già produciamo il 20 per cento di soia ed il rimanente 80 per cento lo importiamo ed ora stiamo perdendo quasi del tutto anche la produzione di mais” - sottolinea Giulio Rocca, presidente di Confagricoltura Venezia, promotore dell'iniziativa con i media locali tenutasi a Mestre il 24 marzo scorso. – Una situazione gravissima, per questo vogliamo porre la questione all'attenzione non solo dell'opinione pubblica ma anche di politici ed amministratori. Nel veneziano ed in Veneto negli ultimi dieci anni si è quasi dimezzata l'area coltivata a mais e si è perso un terzo della produzione di questo cereale. Tanto che, come ha ricordato Costante Borin, vice presidente del consorzio maiscoltori del Basso Livenza di San Giorgio di Livenza, i consorzi dei produttori di questo cereale d'eccellenza rischiano di chiudere.
Eppure il mais è la componente principale di tutti i tipi di mangimi che nutrono i nostri animali ed in quantità minori è destinato anche ad uso alimenare umano o ad uso industriale.
Una produzione fondamentale, quella di mais, senza la quale si diventa totalmente dipendenti dalle importanzioni, che tra l'altro fanno entrare nel nostro paese mais transgenico, la cui coltivazione invece in Italia è vietata. Oggi l'Italia produce il 60 per cento del mais, il restante 40 per cento viene dall'estero dove le normative sono molto meno restrittive, anche per i limiti imposti alla quantità di micotossine presenti nel cereale, limiti molto bassi in Italia ma non all'estero.
Negli ultimi trent'anni il prezzo del mais è calato di tre volte, a causa della globalizzazione dei mercati. E coltivare questo cereale è diventanto quasi impossibile, considerando che il 10 per cento della produzione va perso a causa degli attacchi della piralide (questo insetto danneggia la pianta creando le condizioni per lo sviluppo di micotossine che poi ne impediscono la commercializzazione).
Scelte politiche infauste hanno bloccato la possibilità di coltivare in Italia mais ogm resistente alla piralide e non permettono nemmeno un'applicazione equa della PAC, visto che ora è stato incluso anche il settore della viticoltura che pure ha anche altre forme di sostegno e che comunque non è toccato dalla crisi.

(Articolo di Nicoletta Benatelli)

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